Sicurezza informatica

L’ App Immuni non è immune ai malware

Immuni ha le caratteristiche per subire un attacco hacker: Bluetooth sempre abilitato, raggio d’azione del dispositivo entro i 10 metri, l’attacco può avvenire per qualsiasi sistema operativo mobile

Pubblicato il 25 Set 2020

L’applicazione Immuni, recentemente rilasciata, è stata definita “strumento in più contro l’epidemia” creata per aiutarci a combattere la diffusione del COVID-19. L’app utilizza la tecnologia Bluetooth per avvertire gli utenti che hanno avuto un’esposizione a rischio, anche se sono asintomatici.

È possibile trovare tutte le informazioni, come documentazione e il codice sorgente del progetto, al seguente link.

Si ricorderà che in un primo momento l’applicazione avrebbe dovuto sfruttare la geolocalizzazione, ma per motivi di privacy e di precisione questa funzionalità è stata scartata, quindi è il suo funzionamento è stato incentrato unicamente sull’utilizzo del Bluetooth.

Come funziona Immuni

Immuni intercetta attraverso il Bluetooth i dispositivi aperti con il medesimo protocollo e, se il tempo di prossimità e la distanza sono adeguati, traccia il contatto.

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Ovviamente, per utilizzare l’app, il Bluetooth del cellulare deve essere sempre acceso, specialmente in luoghi di potenziale assembramento, mezzi pubblici, negozi, strade affollate, ma anche per situazioni di incontri casuali.

Il Bluetooth solitamente è già usato quotidianamente per la connessione degli auricolari wireless per smartphone o per i vari dispositivi IoT, ma è un uso controllato perché l’associazione avviene con un dispositivo conosciuto e tipicamente via pin code; invece, per consentire la tracciabilità dell’App non è così, dispositivi sconosciuti e app casuali potranno tracciare gli smartphone e tentare di mettersi in comunicazione all’insaputa dell’utente o, meglio, al di fuori del suo controllo, in quanto Bluetooth sarà sempre acceso, attivo e rintracciabile.

Questo è un aspetto che mette potenzialmente a rischio la nostra sicurezza utilizzando lo smartphone, quindi la sicurezza dei nostri dati e della nostra privacy. Nel 2019, ad esempio, il gruppo cybercriminale informatico ScarCruft ha sviluppato un malware che, sfruttando API Bluetooth di Windows, raccoglieva informazioni sui dispositivi Bluetooth come nomi, indirizzi e modelli dei dispositivi.

Dopo che il sistema è stato compromesso, il malware (come Trojan.Win32.SCARCRUFT.AA) scarica un dropper che gli consente di eludere il controllo dell’account utente di Windows (UAC), un componente vitale per la sicurezza globale di Microsoft. Una volta che il malware ignora correttamente UAC, può essere eseguito con privilegi più elevati e trarre vantaggio dal codice di test di penetrazione legittimo all’interno dell’organizzazione compromessa. Infine, il malware installa ROKRAT (rilevato come Trojan.Win32.ROKRAT.AB), uno strumento di accesso remoto (RAT) che viene eseguito su un servizio cloud. ROKRAT ruba e sottrae varie informazioni da sistemi e dispositivi sulla rete compromessa per inviarle a provider di servizi cloud noti come Box, DropBox, pCloud e Yandex.Disk. Non è la prima volta che la backdoor ROKRAT produce attacchi e perdita di dati, nel 2017, ha utilizzato la piattaforma di social media Twitter come canale C&C e Yandex e Mediafire per scopi di esfiltrazione dei dati.

BlueBorne: le vulnerabilità del Bluetooth espongono miliardi di dispositivi all’hacking

La società di sicurezza IoT Armis ha individuato quello che hanno chiamato “BlueBorne”, una serie di vulnerabilità nell’implementazione del Bluetooth in vari sistemi operativi (SO): Android, Linux, iOS e Windows. Se sfruttati con successo, questi possono consentire agli aggressori l’accesso da remoto del dispositivo. I difetti di sicurezza possono anche consentire agli aggressori di saltare da un dispositivo abilitato Bluetooth all’altro. Lo sfruttamento di BlueBorne potrebbe consentire a un utente malintenzionato di eseguire codice dannoso, rubare dati ed eseguire attacchi Man-in-the-Middle.

Di seguito le vulnerabilità riscontrate:

  • CVE-2017-1000251: vulnerabilità in modalità remota (RCE) nel kernel Linux
  • CVE-2017-1000250: perdita di informazioni nello stack Bluetooth di Linux (BlueZ)
  • CVE-2017-0785: un bug nella perdita di informazioni per il S.O. Android
  • CVE-2017-0781: vulnerabilità RCE in Android
  • CVE-2017-0782: un difetto RCE in Android
  • CVE-2017-0783: una vulnerabilità di attacco MitM nel Bluetooth Pineapple di Android
  • CVE-2017-8628: un simile difetto MitM nell’implementazione Bluetooth di Windows
  • CVE-2017-14315: vulnerabilità RCE tramite il protocollo audio a bassa energia di Apple

Un utente malintenzionato può sniffare, intercettare o reindirizzare il traffico tra dispositivi abilitati Bluetooth per accedere ai propri dati, ad esempio. Armis ha spiegato nella sua analisi: “Esaminando il dispositivo, l’attaccante può determinare quale sistema operativo sta usando la sua vittima e regolare di conseguenza il suo exploit. L’attaccante sfrutterà quindi una vulnerabilità nell’implementazione del protocollo Bluetooth nella relativa piattaforma e otterrà l’accesso di cui ha bisogno per agire sul suo obiettivo maligno. ”

Conclusioni

In definitiva, l’app Immuni ha tutte le caratteristiche per subire un attacco grazie a queste caratteristiche di utilizzo:

  • Bluetooth sempre abilitato
  • raggio d’azione del dispositivo abilitato entro i 10 metri
  • l’attacco può avvenire per qualsiasi S.O. mobile

Come ci si può difendere? L’aggiornamento del sistema operativo aiuta a mitigare gli attacchi che possono essere lanciati. Bisogna adottare le migliori pratiche per la sicurezza mobile, come introdurre password complesse e diverse per ogni tipo di accesso; introdurre un pin per lo sblocco del telefono; utilizzare applicazioni di crittografia dei dati che vengono salvati sul device. Infine, applicare politiche di gestione delle patch e se non si è ancora patchato il proprio dispositivo, è consigliabile disattivare il Bluetooth e utilizzarlo solo quando è necessario.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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Adriano Rando
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