Il commento

Programma di governo: luce verde dai risk manager

Alessandro De Felice, presidente di Anra: “Green deal, sicurezza del territorio e contratto al dissesto idrogeologico, sostegno al Made in Italy e al settore agroalimentare sono punti che accogliamo con favore”

Pubblicato il 10 Set 2019

A. S.

Il programma del nuovo governo guidato da Giuseppe Conte riceve un’accoglienza positiva dai risk manager, che puntano i loro riflettori su quattro punti “significativi” citati nel documento: il “Green new deal”, la messa in sicurezza del territorio, il rafforzamento dell’export e del Made in Italy e il sostegno al settore agroalimentare. 

A spiegare la posizione dell’Anra, associazione nazionale dei Risk manager e Responsabili assicurazioni aziendali, è il presidente Alessandro De Felice, che parte proprio da Green New Deal: “Finalmente – sottolinea – si riconosce in maniera ufficiale a livello nazionale un trend che sta sempre più guidando il mercato internazionale. Negli ultimi anni i valori di sostenibilità sono diventati imprescindibili, in parte perché legati al rispetto delle normative esistenti in materia ambientale, sociale e di governance, in parte perché tutti gli stakeholder si attendono sempre più comportamenti etici e virtuosi da parte delle imprese. Anra sostiene da tempo che il governo del rischio è una delle colonne portanti della sostenibilità d’impresa nelle aziende più mature. La speranza è che con questo punto del programma il Governo realizzi attività e piani che avranno una conseguenza a cascata e coinvolgano in un disegno di sostenibilità diffusa anche le Pmi”.

Quanto al potenziamento delle politiche per la messa in sicurezza del territorio e per il contrasto al dissesto idrogeologico, “È importante – sostiene De Felice – che la popolazione e i territori locali siano sensibilizzati in merito a questo tema e che vengano coinvolti nelle azioni che il Governo deciderà di intraprendere. L’Italia ha tradizionalmente un approccio fatalista anziché di gestione del rischio: basti ricordare che su 13 milioni di abitazioni assicurate, solo 800mila hanno un’estensione contro le catastrofi naturali, nonostante il 60% della ricchezza degli italiani sia di tipo immobiliare e il 44% del territorio sia ad alto rischio sismico. Anche tra chi gestisce i beni pubblici si è diffusa negli anni passati un’errata concezione di ‘cultura dell’emergenza’, interpretata nel senso di abituarsi a uno stato emergenziale perenne, quando invece dovrebbe voler dire codificare prassi condivise, protocolli che includano il settore privato, quello peritale, quello del ripristino dei danni e quello assicurativo. Che tutto ciò venga finalmente riconosciuto e incluso in un programma istituzionale è un segnale positivo che fa ben sperare”.

Sul rafforzamento dell’export e il sostegno del Made in Italy De Felice evidenzia come “La mappa dei rischi Sace è uno studio su cui da anni portiamo l’attenzione e che viene utilizzata come base per strutturare modelli di condivisione dei rischi tra le imprese nostre socie e gli attori del settore assicurativo. Le previsioni per il 2019 invitavano a considerare principalmente le turbolenze nei paesi emergenti, il rallentamento dell’economia statunitense, le azioni di protezionismo, la volatilità del mercato azionario Usa, il crescente indebitamento globale e le conseguenze di una Brexit non regolata da accordi. Previsioni che le imprese che fanno Risk Management considerano e includono nelle proprie strategie con il dovuto anticipo, e che si rivelano una bussola affidabile nelle attività con l’estero”.

Infine il sostegno settore agricolo e agroalimentare: “Questi settori – conclude De Felice – sono allo stesso tempo anche quelli esposti a numerosi fattori di rischio: dai cambiamenti climatici alla crisi idrica, dai dazi doganali imposti dai paesi che stanno adottando politiche protezioniste alla mancata tutela del marchio al di fuori dei confini europei. Negli USA, ad esempio, dopo il fallimento dei trattati per il TTIP (formalmente ancora in sospeso dai primi negoziati del 2013) oggi possono circolare ed essere legalmente venduti una serie di prodotti che imitano per nome e composizione quelli italiani, causando una situazione che, oltre a togliere potenziale mercato al nostro export, può causare danni in termini reputazionali e di immagine. Diventa dunque strategico adottare provvedimenti e politiche finalizzate alla lotta contro lo sfruttamento dell’Italian Sounding ed alla tutela dell’originalità delle nostre eccellenze”.

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