Data Governance

Quali best practice per la Data Governance

Tra le buone pratiche da seguire rientrano il procedere per gradi, stabilire e condividere criteri di rilevanza dei dati, condividere obiettivi e successi, comunicare efficacemente. Ogni organizzazione deve definire il proprio modello sulla base delle specificità che la caratterizzano

Pubblicato il 29 Gen 2020

Erika Pinto

Data Governance & Quality manager presso PwC Italy

Se i dati sono il nuovo petrolio, poterli estrarre e trattare efficacemente è la nuova necessità. Di fatto i dati costituiscono un asset fondamentale per qualsiasi organizzazione, a prescindere dal settore di appartenenza e dalla modalità di creazione del valore. Sia che si parli di reportistica, sia che si tratti di sfruttare la potenza degli Advanced Analytics, la mancanza di dati affidabili, corretti e completi, preclude infatti il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Sempre più spesso tra le priorità di intervento delle grandi aziende figura quindi la Data Governance: non solo la pressione regolamentare, particolarmente marcata per i settori bancario e assicurativo, ma anche la trasformazione digitale sostengono l’esigenza di dotarsi di un framework di gestione dei dati a supporto di un business costretto a evolversi con sempre maggiore rapidità.

Gestire efficacemente i dati, dall’origine al loro utilizzo, richiede l’adozione di un complesso di misure tecnico/organizzative, oltre che formali, nonché la collaborazione di una pluralità di attori all’interno e all’esterno dell’organizzazione. Esistono diversi standard cui fare riferimento per il disegno di un framework di data governance efficace, tra questi quelli definiti dal DAMA o dal DGI (Data Governance Institute). Dal momento che la gestione dei dati si traduce spesso in un cambio di paradigma nella normale operatività aziendale, il riferirsi a uno standard è un buon punto di partenza ma non di arrivo: perché sia efficace, ogni organizzazione deve infatti definire il proprio modello di Data Governance sulla base delle specificità che la caratterizzano.

Al di là dell’approccio generale, esistono alcune best practice sempre valide. Tra queste:

  • Procedere per gradi

Perché i processi di gestione siano ‘digeriti’ dall’organizzazione è necessario del tempo: ipotizzare di applicarli a un perimetro enorme di dati ritarda il completamento di tali processi pregiudicando la possibilità di apprezzarne i benefici. Di conseguenza, buona norma è procedere con modalità incrementale, ad esempio individuando domini di dati da trattare in ordine di priorità: ragionando su un perimetro di dati definito, non solo sarà più semplice identificare le ownership ma sarà anche più rapido giungere al termine del processo e valutarne i benefici ottenuti.

  • Stabilire e condividere dei criteri di rilevanza dei dati

I dati non sono tutti uguali per il business. I dati utilizzati ai fini regolamentari non hanno lo stesso peso di quelli utilizzati per un sondaggio. È opportuno definire dei criteri di rilevanza che supportino l’identificazione dei domini di dati da porre sotto governance con priorità maggiore. Identificare (e condividere) tali criteri è di particolare aiuto anche per definire una roadmap per l’implementazione di un programma di governance o per supportare l’identificazione di particolari categorie di dati soggetti a regolamentazioni che ne richiedono una corretta gestione e protezione (ad esempio quelli personali sotto GDPR).

  • Condividere obiettivi e successi

Non basta identificare ruoli e responsabilità e formalizzarli nelle policy. Poiché il cambiamento che si intende realizzare richiede la collaborazione di un vasto numero di attori aziendali appartenenti a varie funzioni, è particolarmente importante condividere con essi le ragioni del cambiamento e le modalità con cui questo verrà realizzato. Come tutti i cambiamenti, anche in questo caso è necessario uno sforzo per adattare la propria operatività e l’effort richiesto deve pertanto essere sostenuto da necessità comprese e condivise. Allo stesso modo è buona norma evidenziare i casi di buona gestione dei dati, quali la diminuzione delle casistiche di rilavorazione delle pratiche dovute a dati mancanti, affinché la motivazione degli attori coinvolti sia adeguatamente sostenuta.

  • Comunicare efficacemente

Perché la condivisione degli obiettivi e delle modalità con cui si intende perseguirli sia efficace, è consigliabile utilizzare un linguaggio il più chiaro possibile. Trattandosi di un tema nuovo, che coinvolge aspetti tecnologici, formali e aspetti regolamentari, l’utilizzo di esempi pratici, business case, simulazioni può essere di aiuto soprattutto in considerazione della presenza di interlocutori dal diverso background, tipicamente business e IT.

  • Definire obiettivi comprensibili, realistici e misurabili

Proporre obiettivi comprensibili e misurabili non è immediato in tema di dati: a tale scopo devono essere definite delle opportune dimensioni sulla base delle quali valutare la qualità dei dati.

Per fare un esempio, utilizzare la percentuale di pratiche prive di errori dovute a dati mancanti, può essere un buon punto di partenza per un operatore di filiale di una banca o di una agenzia assicurativa. Per un responsabile di funzione potrà essere l’andamento nel tempo della correttezza/completezza/coerenza dei dati critici di sua responsabilità, a fronte di un opportuno set di controlli di qualità del dato in essere.

  • Identificare i processi correlati

Perché la data governance sia efficace deve essere integrata nella macchina organizzativa aziendale. A tal fine è importante individuare tutti quei processi correlati alla gestione dei dati: il processo di Demand Management, l’Incident Management, la Data Protection, la gestione dei rischi sono solo alcuni dei processi impattati.

  • Definire una roadmap riferendosi a un modello di maturità

Tracciare efficacemente i progressi consente di comunicarli sia alle linee manageriali che a quelle operative e di tarare al meglio l’approccio seguito e le risorse investite. Per identificare i progressi è essenziale stabilire il punto di partenza e quello di arrivo: a tal fine la modalità migliore è riferirsi a un maturity model che identifichi i diversi livelli di maturità nella gestione dei dati, in maniera chiara, condivisa e standardizzata.

Conclusioni

Adottare un efficace framework di gestione dei dati aziendali si traduce in un cambio di paradigma che ha impatto su tutti gli attori di una organizzazione. Per realizzarlo serve un approccio ritagliato sui bisogni e sulle caratteristiche del contesto in cui viene calato, per prevenire criticità o peggio insuccessi nella sua implementazione. Esistono però alcune pratiche di buon senso, valide in ogni caso, che agevolano il cambiamento verso un modello operativo in grado di garantire una corretta gestione dei dati: gradualità, comunicazione efficace e obiettivi realistici ne sono un esempio.

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